Big Data: a cosa servono e da chi vengono utilizzati

Big Data: due semplici parole che racchiudono l’evoluzione più profonda e pervasiva all’interno del mondo digitale, oltre che una tendenza in grado di trasformare profondamente la vita umana e le modalità con cui fare business.

La definizione stessa, insieme alle 3V (Volume, Velocità e Varietà), non delineano sufficientemente il quadro completo. Se la mole dei dati è assodata, la trasformazione è un fenomeno molto più profondo.

La raccolta e la gestione dei dati è in costante cambiamento e va di pari passo con l’evoluzione tecnologica.

Inoltre, è sempre più incessante, per le aziende e le organizzazioni, la necessità di creare nuove competenze per lavorare coi Big Data. Ma a cosa servono i Big Data esattamente e perché sono così importanti?

Big Data

Big Data: Definizione e a cosa servono

La definizione di Big Data secondo Wikipedia è la seguente: “raccolta di dati informativi così estesa in termini di volume, velocità e varietà da richiedere tecnologie e metodi analitici specifici per l’estrazione di valore o conoscenza.

Per gestire una tale quantità di dati e farli funzionare adeguatamente, è richiesto l’utilizzo di un database capace di archiviare i dati senza la richiesta di stretta aderenza a un particolare modello.

Grazie a questa caratteristica, le fonti di informazioni apparentemente disparate possono essere analizzate in modo coerente. Così facendo, la flessibilità rende possibile l’ottenimento di una visione olistica in grado di determinare cosa sta realmente accadendo, quando è il momento di agire e come farlo.

L’aggregazione, l’elaborazione e l’analisi dei Big Data dà vita alla loro distinzione in dati operativi ed analitici, che vengono di conseguenza archiviati.

– Dati operativi

Un sistema operativo riesce a gestire enormi batch di dati su diversi server contemporaneamente, che includono alcuni input quali inventario e i dati riguardanti clienti e acquisti. Insomma, tutto ciò che serve a un’organizzazione per espletare il lavoro quotidiano.

– Dati Analitici

Rispetto alla loro controparte operativa, i sistemi analitici sono più sofisticati e riescono a gestire analisi di dati molto complesse, rendendo così possibile alle aziende un processo decisionale data driven.

A cosa servono i Big Data?

Infrastrutture e vari processi integrano sistemi di analisi dei dati e ne massimizzano la raccolta e l’utilizzo. Tutti i settori o quasi utilizzano le tecnologie Big Data.

Ma a cosa servono esattamente?

  • per identificare modelli e tendenze
  • per riuscire a rispondere a domande cruciali
  • per ottenere informazioni dettagliate sui clienti
  • per affrontare complessi problemi

Organizzazioni e aziende tendono a utilizzarli sempre più per tantissimi motivi:

  • per far crescere la propria attività
  • per capire le decisioni dei clienti
  • per affinare la ricerca
  • per effettuare previsioni
  • per guidare le fasce di consumatori verso la giusta pubblicità.

Quali sono i settori dove la rivoluzione rappresentata dai grandi dati è già in corso e quali sono alcuni esempi di big data? Eccoli:

  • Settore della finanza: vengono utilizzati per rilevare le frodi, effettuare analisi predittive, valutare il rischio e il ranking del credito, per i servizi di intermediazione e per implementare la tecnologia dei blockchain.
  • Assistenza sanitaria: tutte le strutture inerenti li adottano per migliorare e far progredire l’assistenza sanitaria. La massiccia quantità di dati provenienti su pazienti e popolazioni garantisce il miglioramento dell’assistenza sanitaria, in special modo dei trattamenti da utilizzare. Inoltre, grazie a essi, le ricerche su malattie attualmente difficili da curare possono portare allo sviluppo di nuovi farmaci.
  • Mass Media e intrattenimento: vari servizi, come lo streaming, si basano su di essi, così come l’analisi delle abitudini dei consumatori di programmi televisivi. Tutto questo ha lo scopo di creare delle esperienze personalizzate e di qualità superiore.
  • Settore agricolo: il connubio tra big data e automazione rende più semplice il lavoro previsionale sui raccolti. Inoltre, ricercatori e scienziati sono in grado adesso di incamerare maggiori informazioni per combattere la fame e la malnutrizione.

Naturalmente, sono altre le aree coinvolte da questa rivoluzione digitale, tra cui il settore della pubblicità e del marketing, degli affari, del commercio elettronico e della vendita al dettaglio.

Storia dei Big Data

A quando può risalire la nascita dei grandi dati? Se la raccolta dei dati iniziò con i conteggi per il monitoraggio del cibo da parte delle civiltà antiche, la loro effettiva storia inizia molto ma molto più tardi.

Di seguito, il loro percorso storico:
Durante il censimento del 1880, il sovraccarico di dati portò Herman Hollerith all’invenzione della Macchina Tabulatrice. Grazie ad essa, l’elaborazione dei dati venne fatta in meno di un anno.

Nel 1928 Fritz Pfleumer, ingegnere tedesco, sviluppò l’archiviazione dei dati magnetici su nastro, che aprì la strada a quella dei dati digitali nel secolo successivo.

Il matematico dell’IBM Edgar F. Codd nel 1970 crea un database razionale, il quale consente di accedere alle informazioni all’interno di grandi database senza necessariamente conoscerne sia la posizione che la struttura.

Venne creato l’MRP nel 1976, ossia un sistema per pianificare i fabbisogni di carattere commerciale. Con esso diventa possibile programmare e organizzare le informazioni.

Nel 1989 vede la luce per mano di Tim Berners-Lee il World Wide Web.

Alla fine del XX secolo, esattamente nel 1991, nasce internet, che dà la possibilità di rendere i dati accessibili a chiunque nel mondo, e grazie allo sviluppo tecnologico il digitale diventa per la prima volta più economico della carta.

Doug Laney presentò nel 2001 un documento in cui descriveva i Big Data 3V. Nello stesso anno nacque la definizione di “software-as-a-service”.

Venne creato nell’anno 2005 il framework “Hadoop”, totalmente open source e il cui utilizzo riguarda l’archiviazione di enormi set di dati.

Nel 2008, attraverso il documento “Big Data Computing: Creazione di scoperte rivoluzionarie nel commercio, nella scienza e nella società”, un team di ricercatori li descrissero come fonte di cambiamento radicale delle modalità con cui aziende e organizzazioni fanno i propri affari.

Con il passare degli anni sempre un numero maggiore di aziende iniziò a trasferire i propri sistemi ERP (Enterprise Resource Planning System) nel cloud. L’IoT (Internet delle cose) iniziò a essere utilizzato da più di 3 milioni e mezzo di dispositivi connessi.

L’amministrazione Obama nel 2016 pubblica il ” Piano federale di ricerca e sviluppo strategico sui big data”, il cui scopo è di guidare la ricerca e lo sviluppo di applicazioni basate sui grandi dati.

Big Data 3v

I big data sono costituti da alcuni attributi, che vengono definiti le 3V:

  • Volume: l’enorme grandezza che li contraddistingue è misurata in petabyte e zettabyte. Per fare un raffronto con le altre grandezze, un gigabyte equivale a sette minuti di video in HD, mentre un solo zettabyte a 250 miliardi di DVD. Grazie all’architettura da loro fornita, è possibile estrarre informazioni.
  • Velocità: tutto ciò che riguarda la loro analisi è caratterizzato da estrema velocità. Questi dati offrono alle organizzazioni e alle aziende la capacità di generare approfondimenti in tempo reale, con la conseguente rapidità d’azione, il che si traduce in un vantaggio sulla concorrenza.
  • Varietà: siccome il 95% di questi dati non strutturato, è difficile adattarlo a un modello tradizionale e semplice. Quindi, tutto ciò che fa parte del mondo digitale genera un enorme flusso di dati, e ognuno è caratterizzato dai propri attributi particolari.
Big Data 3V

Big Data e Lavoro

Lo scorso anno, il mercato dei Big Data Analytics ha raggiunto un valore superiore ai 2 miliardi di euro. A trainare la crescita è stata la componente software, con un incremento rispetto all’anno precedente del 17%, e i servizi riguardanti la consulenza e la personalizzazione tecnologica, arrivata in doppia cifra.

L’integrazione dei dati che provengono da fonti esterne o interne viene utilizzata in questo momento da 8 grandi aziende su dieci. Inoltre, il 54% di essere ha già avviato la sperimentazione in ambito Advanced Analytics.

È ovvio che le nuove progettazioni richiedono competenze specifiche. Nel 2021, è aumentato del 28% il numero di Data Scientist delle grandi imprese, una crescita però limitata soltanto alle aziende che avevano in precedenza già investito.

Come iniziare a lavorare con la Data Analysis

La figura di Data Analyst ha il compito di raccogliere dati da fonti diverse, organizzarli, strutturarli e poi analizzarli in modo da ricavare informazioni destinate al business. Inoltre, il suo lavoro è molto utile per la verifica di teorie e ipotesi volte a ottenere un ottimo vantaggio competitivo.

Un Data Analyst lavora a stretto contatto con i manager appartenenti a diversi reparti aziendali, ma anche con i Data Scientist e i Project Managers. Queste collaborazioni sono particolarmente utili per identificare i problemi che causano il rallentamento del business e risolverli utilizzando l’analisi statistica dei dati.

Per lavorare nell’ambito della Data Analysis, la formazione richiesta è una laurea in materie scientifiche come Matematica, Informatica, Ingegneria Informatica, Data Science, ecc. La figura del Data Analyst deve essere particolarmente avvezza al calcolo delle probabilità, alla statistica e all’informatica.

Oltre alla specifica laurea, è possibile diventare Data Analyst frequentando un corso specifico su DigitalDojo.it, on-demand, nel quale apprendere tutti i fondamenti della Data Analysis per il Digital. Il corso, caratterizzato da esempi pratici, si concluderà con il rilascio di un attestato di frequenza.

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